L’email marketing continua ad essere uno degli strumenti più importanti per il web marketing e il commercio digitale. La proliferazione dello spam e il gravame di messaggi futili o non richiesti che ingolfano le nostre caselle di posta elettronica, comunque, non impediscono alle email di rappresentare ancora uno strumento di marketing vantaggioso ed efficacetanto per i clienti quanto per il business.

Molti clienti accetteranno volentieri le nostre comunicazioni via email come potrebbero accettare l’occasionale invio di un depliant cartaceo o di un invito a una fiera. Apriranno le nostre email contenenti newsletter o promozioni finché saranno in grado di riconoscerci, si aspetteranno di ricevere comunicazioni da parte nostra e avranno la certezza che il contenuto abbia valore per loro.
Vediamo ora cosa fare e cosa non fare all’interno dei sei settori chiave dell’email marketing di successo: consegna, contenuto, frequenza, test, aspetti legali e misurazione dei risultati.

Consegna

Negli anni la consegna delle email è diventato un settore complicato. L’utilizzo di determinate parole nell’oggetto dell’email o la reputazione del server mittente sono solo due degli aspetti tecnici che influiscono sui tassi di consegna. Ciò ha contribuito a far crescere l’industria degli Email Service Provider (ESP), che sollevano gran parte di questo peso dalle spalle di aziende e professionisti che possono così dedicarsi alla creazione di campagne di email marketing di qualità.

Si fa:

  • Tenere pulite le liste. Gli Internet Service Provider (ISP) guardano al complesso di indirizzi “cattivi” ai quali stiamo inviando email e alle eventuali lamentele che queste suscitano nella propria clientela.
  • Dare rilevanza alle email. Limitarsi a sovraccaricare il database di offerte non mirate farà aumentare le lamentele, oltre ad avere altri effetti nocivi sul successo delle email inviate in generale.
  • Usare un Email Service Provider. Anche con budget limitato, per pochi euro al mese alcuni provider gestiscono gli invii di email a partire dai propri server garantiti, accollandosi la gestione di tutti gli aspetti tecnici necessari per ottenere dei buoni tassi di consegna.

Non si fa:

  • Non pensare che l’ESP, da solo, garantisca una buona collocazione nella inbox. Servirà soltanto a fornire l’infrastruttura tecnica per ottenere buoni tassi di consegna, ma la reputazione, quanto a spedizioni di email, dipende solo dal mittente.
  • Non aggiungere alla lista qualsiasi indirizzo email raggiungibile. Inviare email non richieste o a vecchie liste è fonte di problemi di consegna.

Creare il contenuto delle email

Le inbox sono sempre più ingolfate dal numero di messaggi che si ricevono ogni giorno, sottraendo tempo alla visione del messaggio e, di conseguenza, accrescendo la necessità di inviare email che si facciano notare nel mucchio e attraggano l’attenzione del ricevente.

Si fa:

  • Scrivere un copy breve e incisivo. Chi usa le email tende a scorrere velocemente i messaggi per vedere se contengono qualcosa di interessante, quindi è necessario catturarne l’attenzione.
  • Concentrare l’impegno sull’inizio dell’email, cioè sulla parte immediatamente visibile all’apertura. Se il ricevente non la trova interessante non scorrerà tutto il messaggio per trovare qualcos’altro.
  • Essere rilevanti. È banale, ma se l’email non contiene qualcosa di interessante, non avrà risposta. Peggio ancora, se il cliente si convince che i nostri messaggi sono di questo tipo, anche se non è vero, è probabile che li ignori. Inviamo versioni diverse a diversi segmenti, o serviamoci di contenuti dinamici dove intere parti della email sono personalizzate in base alle preferenze o ai passati acquisti del cliente.
  • Strutturare la grafica in modo che il messaggio chiave si faccia notare anche se l’email client non scarica le immagini senza il click di assenso del destinatario.

Non si fa:

  • Non occorre preoccuparsi di keyword o contenuti che potrebbero bloccare le email. I giorni in cui la parola “gratis” spediva un’email dritta nella posta indesiderata sono finiti. L’importante è la reputazione che si possiede in qualità di mittenti presso gli ISP.
  • Non includere allegati, Javascript, Flash o video, che non funzionano e causano il blocco di molte email perché gli ISP li considerano possibili minacce alla sicurezza.

Tempestività e frequenza

Qual è il momento migliore per inviare un’email? Con quale frequenza è opportuno spedirle?
Naturalmente è difficile rispondere a entrambe. Il momento è meno importante della qualità e della rilevanza del messaggio. Esiste una quantità di esempi di campagne email che funzionano estremamente bene a prescindere dall’ora di invio. Invece la frequenza, in realtà, dovrebbe dipendere dal numero di volte in cui si ha qualcosa di valido e rilevante da dire. Il che non sarà sempre lo stesso per ciascun segmento del database.

Si fa:

  • Effettuare una spedizione solo quando si dispone di un’offerta di valore. Non bisogna farsi prendere dall’ansia di mantenere una certa frequenza d’invio.
  • Organizzare gli invii di email intorno al ciclo di vita del cliente e non soltanto in base alla disponibilità di offerte. Anziché trattare tutti allo stesso modo, pensiamo a come migliorare i tassi di conversione, a a favorire la fidelizzazione e a ridurre gli abbandoni con email “speciali” in momenti chiave della relazione con il cliente.
  • Mandare una email prima che i clienti si dimentichino di noi. Dopo aver fatto tutto il possibile per ottenere gli indirizzi email dei clienti, non lasciamo trascorrere settimane prima di farci di nuovo vivi. A quel punto la relazione si sarebbe raffreddata, rendendo più difficile coinvogerli attraverso le email.

Non si fa:

  • Non bisogna presumere che aumentando il numero di email crescano anche gli introiti. Un effetto a lungo termine dell’eccesso in questo senso è che gli iscritti si spostano altrove e ignorano questi messaggi, riducendo così le entrate derivanti dalle email.

Test

La velocità con cui è possibile creare una campagna e verificarne i risultati, ci permette di testarne diverse versioni su campioni del proprio database. Ciò elimina il lavoro congetturale per capire quale tipo di oggetto del messaggio o di call-to-action avrebbe generato la maggior parte delle aperture e dei click.

Si fa:

  • Effettuare differenti split test A/B per provare che cosa funziona meglio. Occorre effettuare spedizioni di almeno 1500 email per avere risultati attendibili.
  • Sperimentare con diversi email client e provider di posta elettronica per accertarsi che le email arrivino nelle inbox con l’aspetto desiderato. In alternativa si può usare un’applicazione come Litmus.com che svolge questa funzione.

Non si fa:

  • Non testare più di una cosa alla volta, altrimenti sarà impossibile capire che cosa ha provocato i cambiamenti negli esiti.
  • Non spedire una email senza aver provato prima ad autospedirsela. Gli email client possono fare a pezzi il testo e spezzare i link perché non sono bravi come il nostro browser a gestire gli Html.

Aspetti legali ed etici

La legislazione che decide a chi è possibile spedire email commerciali varia da regione a regione. In Europa, inoltre, le norme sulla privacy sono applicate diversamente in ciascuno degli stati membri.
In Italia le più recenti disposizione del Garante Privacy sono liberamente consultabili sul sito www.garanteprivacy.it.
Comprendere la legge è certamente importante, ma farlo per evitare di prendere una multa o finire in tribunale non basta. Non essere trasparenti in materia è controproducente per l’immagine della propria azienda.
Se qualcuno non desidera trovarsi nella nostra lista, perché tenercelo? Inoltre può rendere problematica la consegna, dato che i destinatari usano sempre più spesso il bottone “considera come spam”.

Si fa:

  • Chiarire nei form di accettazione a che cosa vanno incontro i clienti che optano per l’accettazione.
  • Facilitare il recesso.

Non si fa:

  • Non pensare che, solo perché si rispetta la legge, la politica di raccolta dei dati adottata sia eticamente valida. Lo spam, in realtà, è quello che il destinatario pensa che sia, e non quello che dice il tribunale.

Misurazione dei risultati

Le campagne di email marketing sono completamente tracciabili per consentire di individuare chi ha ricevuto il messaggio, chi l’ha aperto e chi ha cliccato o acquistato un articolo, offrendo una quantità di preziosi dati su cui basare le proprie decisioni.

Si fa:

  • Tracciare gli open, i click e le conversioni. Tutti gli ESP permettono di farlo; persino Google Analytics consente di tracciare il numero di vendite attribuibili a una data campagna.
  • Relazionare le tendenze e non soltanto particolari campagna email. Ciò permette di capire se le prestazioni sono in discesa e di prevederne le conseguenze se una tendenza si mantiene.
  • Analizzare il database per segmenti. Più si va a fondo nei dati ottenuti, più informazioni si ricavano sui punti funzionanti e non funzionanti dell’attività di email marketing. Per esempio, come si presentano le prestazioni dei nuovi clienti in rapporto a quelle dei clienti acquisiti? Qual è il contenuto preferito da ciascun segmento? In seguito questi dati serviranno a capire come migliorare i segmenti che forniscono prestazioni insufficienti.

Non si fa:

  • Non basta misurare i valori di breve termine di una data campagna. Occorre assumere una visione a lungo termine. Un esempio: se si ha un tasso di apertura (open rate) medio del 15%, si tratta sempre dello stesso 15%? E se è così, perché il restante 85% resta così inattivo? Identificare queste persone offre un’immensa opportunità non sfruttata.
  • Non accontentarsi dei parametri di settore. Solo perché la concorrenza totalizza un 12% di tasso di aperture e il 3% di tasso di click non significa che ci si debba fermare su queste percentuali. Le marche che investono tempo e impegno nel conferire rilevanza e tempestività al proprio programma di email marketing di solito migliorano almeno del 50% rispetto ai parametri.

Tratto con alcune modifiche da “Marketing digitale” di Damian Ryan e Calvin Jones, Tecniche Nuove, 2013, pp. 198-218

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